Processo a genova accende il dibattito sulla versione dei fatti e l’assenza dell’incidente probatorio

Processo a genova accende il dibattito sulla versione dei fatti e l’assenza dell’incidente probatorio

Il processo a Genova del 16-17 luglio 2019 vede versioni contrastanti e dubbi sull’assenza dell’incidente probatorio; la difesa, guidata da Mariano Mameli, sostiene il consenso e chiede attenzione alle procedure.
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Il processo a Genova riguarda accuse contro giovani su un episodio avvenuto nel luglio 2019, con la difesa che insiste sulla consensualità degli eventi e solleva dubbi sulla mancata adozione dell'incidente probatorio, elemento chiave per chiarire le versioni contrastanti. - Gaeta.it

Il processo a Genova che vede coinvolti alcuni giovani ha attirato l’attenzione dei media e acceso accese discussioni in aula. Diverse versioni contrastanti su quanto accaduto nella notte tra il 16 e il 17 luglio 2019 si confrontano davanti al tribunale, mentre emergono dubbi sulla gestione delle testimonianze, in particolare riguardo all’assenza dell’incidente probatorio. Le difese sostengono con fermezza la consensualità degli eventi, ponendo in evidenza questioni procedurali e la complessità dei racconti.

La posizione della difesa: nessuna violenza, solo consenso

L’avvocato Mariano Mameli, che assiste una delle parti coinvolte, ha sottolineato in aula la delicata situazione emersa dal processo, evidenziando come la carica mediatica dell’inchiesta abbia avuto ripercussioni anche sull’incolumità delle persone coinvolte. Ha fatto riferimento specifico a Edoardo Capitta, allenatore amatoriale di una squadra parrocchiale di Genova, che in diverse occasioni sarebbe stato insultato dagli spettatori con gravi accuse infondate.

Il racconto della difesa sul consenso

Nel corso dell’udienza, Mameli ha messo in rilievo una congettura procedurale molto contestata: la giovane testimone diretta dell’episodio non è stata sentita come prima in tribunale, e questo fatto ha generato perplessità sull’ordine degli esami testimoniali. L’avvocato ha spiegato che, secondo la loro ricostruzione, quel che accadde quella notte è stato frutto di un consenso espresso, e nessuno dei coinvolti ha usato violenza o ha forzato in alcun modo la volontà degli altri.

La difesa ha ribadito che non c’è stata alcuna coercizione o costrizione e che si tratta di una conclusione alla quale sono arrivati con convinzione. La questione del consenso rimane dunque al centro della strategia dei legali, che chiedono al tribunale di considerare con attenzione questa prospettiva nel giudizio.

Le argomentazioni degli altri legali difensori e le versioni contrastanti

Altri avvocati che rappresentano i coimputati hanno tenuto posizioni simili, portando avanti richieste di assoluzione sulla base dell’esame integrale della vicenda. L’avvocato Gennaro Velle, insieme alla collega Antonella Cuccureddu, ha spiegato che tutte le motivazioni a sostegno dei loro assistiti sono state già illustrate e si aspettano che il tribunale ne tenga conto per una decisione favorevole.

Le diverse versioni della notte

Cuccureddu ha poi messo in evidenza la complessità delle versioni in campo. Ha sottolineato che emergono tre racconti distinti della stessa notte: quello della ragazza coinvolta come testimone principale, quello degli altri cinque tra imputati e amici presenti, e infine quello formulato da pm e parte civile. Questi ultimi, secondo la difesa, prendono alcuni elementi dal racconto della ragazza e li contestano in parte, determinando una narrazione frammentata e divisa.

La situazione delle diverse ricostruzioni degli eventi mette in risalto la difficoltà di stabilire con certezza ciò che è accaduto realmente. Nel frattempo rimane aperto il confronto sulla correttezza delle procedure adottate durante l’inchiesta, soprattutto riguardo alla scelta di non effettuare l’incidente probatorio.

L’importanza dell’incidente probatorio e le implicazioni processuali

Uno degli aspetti più dibattuti riguarda proprio l’assenza dell’incidente probatorio. Si tratta di un passaggio cruciale che avrebbe potuto chiarire in anticipo la posizione della testimone diretta e fornire un quadro più netto agli inquirenti e al tribunale. La Difesa ha sollevato questa osservazione, chiedendo perché non sia stato adottato questo strumento, soprattutto considerando che si parla di un procedimento complesso e di accuse molto gravi.

L’incidente probatorio consente di fissare le dichiarazioni di un teste prima del processo vero e proprio, proteggendo la memoria e la coerenza del racconto nel tempo. Non averlo fatto ha lasciato ampi margini a contrasti narrativi, che si riflettono adesso in aula durante l’esame delle testimonianze.

Dubbi sulle indagini e sulla raccolta delle prove

Per questo l’assenza ha alimentato dubbi anche sullo svolgimento delle indagini e sulle modalità di raccolta delle prove. In un procedimento delicato come questo, in cui più versioni si intrecciano, avere strumenti comprovanti e protocolli rigorosi è fondamentale per garantire equità e certezza sul piano giudiziario.

Il confronto ora si concentra quindi sia sulle testimonianze sia sulle procedure adottate, con il giudice chiamato a valutare le prove alla luce della normativa vigente e degli elementi raccolti fino ad oggi. Le decisioni prese in questi giorni avranno un peso importante per la definizione della vicenda e per le persone coinvolte.

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