Omicidio a Solero: ergastolo per Giovanni Salamone dopo la sentenza della corte d’assise di Alessandria

Omicidio a Solero: ergastolo per Giovanni Salamone dopo la sentenza della corte d’assise di Alessandria

La corte d’Assise di Alessandria condanna all’ergastolo Giovanni Salamone per l’omicidio della moglie Patrizia Russo a Solero, riconoscendo la piena responsabilità nonostante problemi psicologici e familiari complessi.
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Giovanni Salamone è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio della moglie Patrizia Russo a Solero, con la corte che ha escluso attenuanti psichiche nonostante i suoi problemi personali. - Gaeta.it

La tragica vicenda della morte di Patrizia Russo, insegnante di sostegno trovata uccisa nella sua abitazione a Solero, ha visto una svolta definitiva con la sentenza della Corte d’Assise di Alessandria. Giovanni Salamone, suo marito, è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio avvenuto il 16 ottobre 2023. Dopo mesi di processo, emergono dettagli dolorosi sul contesto familiare e sulle motivazioni della corte che ha valutato per intero la responsabilità dell’imputato.

Il processo e la sentenza della corte d’assise di alessandria

La Corte d’Assise di Alessandria ha condannato Giovanni Salamone all’ergastolo riconoscendo la piena capacità di intendere e volere durante il delitto. Il pubblico ministero aveva chiesto ventuno anni, lasciando spazio a una possibile attenuante legata a disturbi psichici, ma i giudici hanno respinto ogni scusa, sottolineando la lucidità dell’imputato al momento del fatto. Per la corte, il gesto di Salamone è stato “repentino” e privo di alcuna giustificazione dal punto di vista psicologico. Non sono emerse prove sufficienti per parlare di un vizio parziale di mente, anche se è noto che Salamone soffrisse di depressione e affrontasse problemi economici e di lavoro.

Il fatto di cronaca: l’omicidio in casa a solero

Il 16 ottobre 2023, Patrizia Russo è stata trovata morta nella sua abitazione a Solero, piccolo comune piemontese. L’uomo che l’ha uccisa è suo marito, Giovanni Salamone, che l’ha colpita con sette coltellate. Dopo il delitto, Salamone ha chiamato i carabinieri confessando il gesto con parole che hanno destato scalpore: «sono posseduto da Satana». Questa frase iniziale aveva aperto la pista a una possibile incapacità di intendere e volere, ma i dettagli successivi del processo hanno delineato una situazione più complessa. La violenza è esplosa in quella che doveva essere la casa sicura di Patrizia, trasformata in teatro di una tragedia famigliare devastante.

Le condizioni psicologiche di salamone e il contesto familiare

Durante il dibattimento, è venuto alla luce un quadro personale complicato. Salamone, disoccupato e in crisi, aveva manifestato sintomi depressivi. Dopo l’arresto, ha anche tentato il suicidio in carcere dove si trova tuttora. Questi elementi sono stati presi in considerazione, ma non hanno inciso sulla valutazione finale dei giudici. La sentenza ha posto l’accento sul fatto che nessuna condizione di debolezza psichica abbia influenzato la volontà di uccidere. Il contesto familiare, con la coppia trasferitasi da pochi anni a Solero per motivi di lavoro di Patrizia, doveva rappresentare una speranza di stabilità. Invece, la violenza ha stroncato ogni progetto, tramutando la casa in un luogo di lutto.

Dettagli sulla dinamica dell’omicidio e il rifiuto della difesa

Il giudice ha sottolineato che Patrizia Russo non ha avuto la minima possibilità di difendersi dal marito. I colpi sono stati inferti con un coltello da cucina, in modo rapido e violento. La difesa ha provato a sostenere uno stato di alterazione mentale di Salamone, ma la corte ha respinto questa tesi, giudicando la scelta di uccidere come consapevole. Questo elemento ha fatto cadere ogni attenuante, spingendo verso la condanna all’ergastolo senza sconti. Per la giustizia, la volontà di togliere la vita a un’altra persona rientra pienamente nell’ambito della responsabilità penale.

Il ruolo dei figli e il risarcimento previsto dalla corte

Francesco e Giuliana, rispettivamente 27 e 23 anni, figli della coppia, si sono costituiti parte civile durante il processo. Assistiti dalle avvocate Maria Luisa Butticè e Anna Maria Tortorici hanno seguito da vicino il dibattimento. La corte ha riconosciuto loro un risarcimento provvisionale di 250 mila euro ciascuno, come primo ristoro per la perdita improvvisa della madre e del padre in un unico evento. Le avvocate hanno sottolineato la volontà di continuare a sostenere i figli per aiutarli a superare le difficoltà che derivano dalla scomparsa dei genitori. Giuliana, in aula, ha testimoniato il dolore della madre con compostezza, dando voce a un dolore silenzioso che ora trova un riconoscimento nella sentenza.

Le prospettive legali e lo stato attuale dei familiari

Al momento, la condanna a vita di Giovanni Salamone rimane ferma, ma la difesa potrebbe presentare appello dopo la lettura delle motivazioni scritte della sentenza. Nel frattempo, i figli dovranno affrontare la realtà di una doppia perdita, cercando di ricostruire un’esistenza segnata dal dolore e da un percorso giudiziario pesante. La decisione della corte rappresenta una tappa importante per la giustizia che ha dato una risposta chiara al delitto, mettendo davanti a tutto il valore della vittima e delle famiglie colpite da simili tragedie.

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