Il ceto medio in Italia rappresenta oggi una fetta importante della società, ma nonostante ciò le condizioni economiche e sociali di questa fascia presentano segnali preoccupanti. Mentre la maggior parte degli italiani si identifica con questo gruppo, emerge una crescente difficoltà nel collegare il valore del merito e delle competenze con ricadute concrete sul piano economico. Il rapporto Cida-Censis del 2025 delinea una fotografia che racconta una perdita di prospettive per molti cittadini. Il dato economico e l’esperienza quotidiana sembrano sfasati rispetto agli ideali tradizionali su cui si basa questo strato della popolazione.
Il ceto medio tra identità e percezione del merito in italia
Il 66% degli italiani si riconosce oggi nel ceto medio e più del 90% attribuisce priorità al livello di istruzione e alle competenze acquisite. Questo approccio mette in luce come l’educazione resti al centro delle aspettative personali e collettive. Il problema tuttavia, è che questa convinzione non si traduce nella realtà economica quotidiana. L’82% di chi si dichiara appartenente al ceto medio afferma che il merito non ha la giusta considerazione nel sistema di retribuzione. Questo dato sottolinea una distanza tra valori condivisi e condizioni reali sul lavoro.
Una frattura tra sapere e riconoscimento economico
Si delinea quindi una frattura tra la cultura del sapere e il riconoscimento economico. Le competenze, pur considerate determinanti, non riescono a garantire una stabilità finanziaria o una crescita economica adeguata. A fronte di questa situazione, molti italiani percepiscono una sorta di stagnazione sociale dove si fatica a migliorare la propria condizione.
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Il rapporto Cida-Censis descrive questa posizione come un “galleggiamento senza prospettiva”. Questa espressione testimonia un senso diffuso di immobilità, che genera ripercussioni importanti anche sull’economia. Infatti, ben il 45% di chi si colloca nel ceto medio ha già ridotto i consumi, un elemento che limita la domanda interna e contribuisce a rallentare la crescita.
Andamento economico e redditi del ceto medio tra il 2014 e il 2024
Il documento del Cida e Censis illustra un quadro economico che segna un peggioramento e uno stagnamento per buona parte della popolazione di riferimento. Negli ultimi dieci anni più della metà del ceto medio ha mantenuto un reddito stabile ma senza aumenti significativi, mentre oltre un quarto ha visto il proprio reddito diminuire. Solo un quinto ha percepito un miglioramento economico.
Chi ha figli valuta la propria situazione alla luce di un confronto decennale. Il 18% dichiara che la condizione economica della famiglia è migliorata rispetto dieci anni fa, mentre il 27% registra un peggioramento. Il 23,8% conferma che la propria condizione è rimasta sostanzialmente invariata. Questi dati confermano come la stabilità non sia sinonimo di progresso reale per molte famiglie.
La ricchezza netta familiare su decili
Un’ulteriore analisi si focalizza sulla ricchezza netta familiare suddivisa in dieci gruppi . I primi cinque decili, che comprendono la parte più bassa del ceto medio e quella popolare, hanno registrato una perdita reale di quasi il 3%. Il gruppo che rappresenta il ceto medio alto, cioè i decili sesto, settimo e ottavo, ha subito invece un calo superiore al 19%. Anche i due decili più ricchi hanno visto una riduzione, seppure più contenuta, del 4,3%.
Questi numeri mostrano come il segmenti più ampi del ceto medio abbiano risentito di una riduzione considerevole della ricchezza, indicando difficoltà diffuse che nemmeno la fascia economicamente più alta del ceto medio è riuscita a evitare.
La richiesta di cambiamento secondo il presidente di cida stefano cuzzilla
Il presidente di Cida, Stefano Cuzzilla, ha sottolineato la contraddizione che vive il ceto medio: “È troppo ricco per avere aiuti, ma troppo povero per costruire un futuro”. Questa frase sintetizza la posizione difficile in cui si trova questa parte della società. Secondo Cuzzilla, l’Italia si trova in un momento in cui è urgente operare per ricucire le ferite sociali ed economiche del Paese.
Per Cuzzilla sono necessarie alcune misure precise: una riduzione della pressione fiscale sul lavoro, un sistema di welfare più equo e un ritorno a mettere al centro il merito. Lo sguardo si rivolge a un rilancio del ceto medio come volano per la crescita del Paese, per il rafforzamento della coesione sociale e per la difesa della democrazia economica.
Un ceto medio saldo per stabilità e partecipazione
Il presidente ha voluto evidenziare che senza un ceto medio saldo, composto e valorizzato, l’Italia rischia di perdere non soltanto sviluppo economico ma anche stabilità e partecipazione civile. Il futuro, in questa visione, passa da una revisione dei meccanismi che governano le politiche economiche e sociali, in modo da riattribuire valore a chi si sforza di migliorare la propria condizione con impegno e competenze.
Le cifre e le testimonianze raccolte indicano un Paese dove una fetta consistente della popolazione vive in una situazione di stallo o peggioramento, con un impatto che si riflette sulla domanda interna e sulla capacità di crescita complessiva.
Le dinamiche segnalate dal rapporto Cida-Censis del 2025 offrono quindi un quadro nuovo rispetto al passato. Mentre il ceto medio continua a costituire una maggioranza sociale, la sua condizione economica e il riconoscimento del merito richiedono interventi concreti per evitare un ulteriore declino e favorire una parte rilevante del tessuto sociale.