Il conflitto tra Israele e Hamas torna a infiammarsi dopo le recenti dichiarazioni che escludono qualsiasi trattativa di tregua. L’escalation si accompagna a un piano militare israeliano che prevede lo spostamento forzato di gran parte della popolazione di Gaza. Reazioni internazionali e prese di posizione di attori regionali segnano un quadro di forte instabilità .
La reazione della comunità internazionale e le diverse posizioni
Il ministro degli Esteri francese Jean-Noel Barrot ha definito i piani israeliani un «contrasto netto al diritto internazionale». Intervistato da Rtl, Barrot ha espresso una condanna forte riguardo le nuove misure annunciate, specie per il rischio di esodi forzati e violazioni dei diritti umani.
Nel frattempo, Steve Witkoff, inviato speciale dell’ex presidente americano Donald Trump, ha aggiornato sullo stato delle trattative per la liberazione degli ostaggi. Witkoff ha riferito contatti quotidiani con paesi mediatori come Egitto e Qatar, e con Israele, confermando l’impegno per sbloccare presto la situazione.
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Durante un evento a Washington organizzato dall’ambasciata israeliana, Witkoff ha invitato la società israeliana a mantenere l’unità in un momento di forte tensione interna. La speranza resta quella di una svolta positiva entro la prossima festa nazionale israeliana, il 14 maggio, collegata alla liberazione di tutti i prigionieri detenuti da Hamas.
Il piano militare israeliano per la striscia di gaza
Secondo la dichiarazione del portavoce delle forze israeliane, Effie Defrin, l’azione prevista nelle prossime settimane prevede una «offensiva su vasta scala» contro Hamas nel territorio di Gaza. L’operazione includerà lo spostamento della maggioranza della popolazione civile in un’area definita «sterile», lontano dai combattenti e dai loro presunti luoghi di rifugio.
Defrin ha sottolineato che questo piano si configura come un’azione organizzata e una fase nuova rispetto alle operazioni iniziate dall’attacco dell’7 ottobre 2023. L’obiettivo dichiarato è proteggere la popolazione civile spostandola in zone controllate da Israele, mentre proseguiranno le azioni militari contro le infrastrutture di Hamas.
La manovra implica un trasferimento forzato di centinaia di migliaia di persone, con conseguenze umanitarie che rimangono al centro del dibattito internazionale. Non sono stati ancora dettagliati i meccanismi né le garanzie per la sicurezza degli sfollati.
La rottura definitiva dei negoziati tra hamas e israele
Bassem Naim, rappresentante di Hamas, ha dichiarato che i negoziati per una tregua nella Striscia di Gaza «non hanno più alcun senso». L’annuncio segue la conferma del premier israeliano Benjamin Netanyahu di una possibile «grande offensiva» qualora non venissero liberati gli ostaggi trattenuti da Hamas. Il leader di Hamas fa appello alla comunità internazionale affinché eserciti pressione su Israele per fermare quella che ha definito «guerra della fame» e un tentativo di «sterminare» la popolazione palestinese nell’enclave.
Naim ha spiegato che ogni trattativa risulta inutile mentre proseguono le condizioni di assedio, violenza e penuria di beni essenziali nella Striscia, che hanno provocato una crisi umanitaria grave. L’invito rivolto agli attori internazionali si concentra sulla necessità di interrompere «il crimine di affamare, assetare e uccidere» i civili.
Queste dichiarazioni rappresentano un punto di non ritorno nel dialogo tra le parti. Hamas sembra aver escluso la possibilità di ulteriori negoziati, specialmente in assenza di risposte concrete da parte del governo israeliano.
La minaccia degli houthi in risposta ai raid in yemen
Dagli scenari limitrofi arriva un nuovo elemento di tensione con le dichiarazioni di Hezam al-Asad, membro dell’ufficio politico degli Houthi nello Yemen. All’indomani di raid attribuiti alle forze israeliane e americane sul porto di Hodeidah e il cementificio di Bajil, al-Asad annuncia una risposta «dura ed eclatante» che arriverà «presto».
Gli Houthi considerano quei raid «crimini efferati» e promettono di continuare a sostenere Gaza. L’impegno comprende attacchi nel territorio nemico e il blocco di ogni movimento finché non finiranno le azioni militari contro la Striscia.
La loro risposta, definita «imminente, dolorosa e sorprendente», aggiunge un ulteriore livello di rischio in un’area già segnata da fragilità e conflitti gravissimi. Questo elemento potrebbe ampliarne la portata coinvolgendo nuovi fronti e complicando ulteriormente la stabilità regionale.