Da quasi trent’anni Luciano Galletti, bolognese di 94 anni, dedica ogni giorno il suo tempo a coltivare un piccolo appezzamento nell’orto comunale del boschetto. Questa attività non è solo un hobby per lui, ma un rito che accompagna le sue giornate e gli permette di restare attivo e in contatto con altre persone. Oggi però il suo impegno e quello di altri 700 pensionati rischiano di essere vanificati da un regolamento entrato in vigore nel 2016 e che prevede l’obbligo di rotazione degli orti urbani. Questa misura, pensata per coinvolgere un numero maggiore di cittadini nella gestione degli spazi verdi, impone la fine di concessioni a lungo termine come quella di Galletti e molti altri anziani.
La storia di luciano galletti e il valore sociale degli orti comunali
Luciano Galletti ha iniziato a coltivare l’orto comunale del boschetto di Bologna già oltre ventotto anni fa. Da allora quel pezzetto di terra è diventato non solo un luogo di produzione agricola, ma anche di incontro e aggregazione. Per lui, e per molti anziani come lui, l’orto rappresenta uno spazio dove uscire di casa, fare movimento e mantenere relazioni sociali. In città, dove la solitudine tra gli anziani è un problema riconosciuto, queste aree rappresentano un supporto concreto contro l’isolamento. L’orto non è solo un hobby ma un modo per stimolare la mente, alleviare la noia e mantenere una routine quotidiana. La cura delle piante diventa anche simbolo di continuità e cura di sé.
Questa funzione sociale ha un impatto rilevante anche sulle comunità locali. Nei quartieri popolosi di Bologna, gli orti comunali sono diventati punti di riferimento per numerosi pensionati che altrimenti passerebbero molte ore da soli. La gestione di questi spazi contribuisce a rafforzare i legami tra i residenti, offrendo inoltre l’occasione per trasmettere conoscenze tradizionali sulle colture. Per molti, gli orti rappresentano una delle poche opportunità concrete di socializzazione e sostegno reciproco.
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L’impatto del regolamento introdotto dal comune di bologna nel 2016
Nel 2016 il Comune di Bologna ha approvato un regolamento che impone l’obbligo di rotazione degli orti comunali. La finalità dichiarata è quella di consentire a un numero maggiore di cittadini di poter accedere alla coltivazione degli spazi pubblici. Questo significa che le concessioni non possono più avere durata illimitata e devono subire una rotazione periodica. La norma, pensata per assicurare un ricambio nella gestione, rischia però di estromettere da questi spazi chi li cura da molti anni, come Luciano Galletti.
Questa rotazione obbligatoria prevede che ogni 3 o 4 anni i concessionari debbano lasciare l’appezzamento per far spazio ad altri interessati. Il problema per molti anziani che da decenni coltivano questi orti sta nel fatto che perdere l’assegnazione significa perdere anche un punto di riferimento fondamentale nella loro vita quotidiana. Il regolamento è applicato senza differenziazioni per età o condizioni sociali, una rigidità che mette in difficoltà soprattutto chi ha maggiori difficoltà a spostarsi o a integrarsi altrove.
Tra le 700 persone coinvolte dalla rotazione obbligatoria, la maggior parte sono pensionati con un’età media sopra i 70 anni. Questi rischiano di trovarsi all’improvviso senza spazio per coltivare, un’attività spesso scelta proprio per tenersi in salute e mantenere contatti sociali. L’amministrazione comunale sostiene che l’obiettivo è di garantire equità e possibilità di accesso a tutti, ma questo si scontra con la realtà di molti anziani che considerano gli orti un elemento vitale.
Le conseguenze per gli anziani e la risposta della comunità locale
La possibile perdita delle concessioni sta generando preoccupazione tra gli anziani di Bologna e nel tessuto sociale dei quartieri interessati. Per molti non si tratta solo di un terreno da coltivare, ma di un luogo dove affrontare la solitudine e mantenere una routine che dà senso alle giornate. Senza questo spazio, rischiano di isolarsi ulteriormente. In città, dove il welfare locale non sempre riesce a offrire servizi adeguati per la terza età, questi orti svolgono un ruolo importante nella salute mentale e fisica degli anziani.
Diversi enti e associazioni hanno sollevato la questione, chiedendo una revisione del regolamento. Si propone di considerare categorie protette o di introdurre forme di supporto per chi ha più difficoltà a cambiare attività o luogo di coltivazione. L’obiettivo è trovare un equilibrio tra apertura degli spazi a nuovi cittadini e tutela di chi, da anni, si dedica con impegno alla gestione degli orti.
Nel frattempo, Luciano Galletti e altri pensionati stanno tentando di mantenere il diritto alla loro piccola terra. Alcune iniziative di solidarietà si stanno formando, con incontri e comunicati per coinvolgere la cittadinanza e i media locali. L’attenzione sulla questione rimane alta anche perché riflette problemi più ampi legati all’invecchiamento urbano, alla partecipazione sociale e alla gestione condivisa degli spazi pubblici.
Scenari futuri e possibili sviluppi per gli orti urbani a bologna
Il caso degli orti comunali a Bologna indica un nodo concreto tra gestione pubblica e bisogni sociali. La rotazione obbligatoria è una risposta a esigenze di apertura democratica degli spazi, ma rischia di trascurare chi, con passione e costanza, si è preso cura di un bene comune. Nei prossimi mesi potrebbero emergere decisioni più flessibili, come periodi più lunghi di concessione per gli anziani, oppure progetti di co-gestione tra più utenti.
Interventi mirati potrebbero includere anche supporti logistici per coloro che hanno difficoltà a spostarsi in altri orti o attività di sensibilizzazione per promuovere nuove forme di comunità intorno agli spazi verdi. È possibile che il dibattito coinvolga anche esperti di urbanistica, socialità e politiche per la terza età.
In questa fase, la posizione di amministratori e cittadini rimane osservata con attenzione. Le decisioni che verranno prese saranno fondamentali per definire il ruolo degli orti urbani non solo come luoghi di coltivazione, ma come spazi di incontro nei quartieri bolognesi. Il bilanciamento tra rotazione e continuità sarà determinante per non disperdere esperienze accumulate negli anni né ridurne la funzione sociale.