La recente escalation del conflitto che coinvolge Israele, Iran e le milizie associate al “Asse della Resistenza” sta influenzando profondamente la campagna elettorale per le presidenziali statunitensi. Le dinamiche di questo scontro, che coinvolge gruppi come Hamas e Hezbollah, si riflettono nelle posizioni dei principali candidati, Kamala Harris e Donald Trump, costringendo gli elettori a riflettere su questioni fondamentali di politica estera, sicurezza nazionale e diritti umani.
La posizione di Kamala Harris: supporto a Israele e aiuti ai palestinesi
Kamala Harris, in qualità di candidata per il Partito Democratico, ha esplicitamente indicato il suo sostegno a Israele, con particolare attenzione agli aiuti umanitari destinati ai palestinesi. Durante la campagna, ha evidenziato la sua posizione secondo cui l’Iran rappresenta una delle forze più destabilizzanti della regione del Medio Oriente. Harris sottolinea l’importanza di mantenere le relazioni strategiche degli Stati Uniti, in particolare con Israele, sostenendo che queste alleanze siano essenziali per garantire la stabilità nell’intera area geografica.
L’amministrazione Biden-Harris ha già intrapreso misure concrete per supportare Israele, tra cui l’invio di aiuti militari e il dispiegamento di ulteriori forze statunitensi nella regione. Tuttavia, Harris ha anche fatto appello a una cautela strategica, proponendo un rilancio dei negoziati per una soluzione a due Stati, come metodo per cercare di risolvere il conflitto a lungo termine e ridurre le tensioni.
Nonostante il forte supporto a Israele, Harris non trascura il contesto umanitario di Gaza e la necessità di un intervento diplomatico con l’Iran, cercando di bilanciare gli interessi strategici e le necessità umane. Questo approccio è potenzialmente apprezzato da una base elettorale democratica che cerca alternative a strategie di intervento armato, mirando a una soluzione più pacifica e sostenibile.
La strategia di Donald Trump: un approccio aggressivo e ottimista
Donald Trump, il candidato repubblicano, adotta un approccio decisamente più aggressivo in materia di politica estera, criticando l’amministrazione Biden-Harris per quella che considera una gestione inefficace della situazione mediorientale. La sua retorica, tagliente e diretta, esprime preoccupazione per la sicurezza di Israele sotto una potenziale presidenza Harris, accusandola di una formulazione debole nei confronti dell’Iran e delle sue milizie.
Trump propone una linea politica di “massima pressione” nei confronti di Teheran, simile alle strategie adottate durante il suo precedente mandato, che hanno compreso l’imposizione di sanzioni e un forte sostegno a Israele. Afferma che solo con un approccio deciso e retorica feroce sia possibile difendere gli interessi israeliani e contrastare l’influenza di Iran e dei suoi alleati.
Il problema della soluzione a due Stati è visto con scetticismo da Trump, in particolare a seguito degli eventi drammatici del 7 ottobre 2023, insieme alla preoccupazione che una posizione “debole” possa servire ad incrementare le aggressioni contro Israele. La sua immagine, costruita anche grazie a manovre diplomatiche come il trasferimento dell’ambasciata a Gerusalemme e gli accordi di Abramo, gli consente di rinforzare la sua narrazione di difensore di Israele.
I cambiamenti nel voto: come il conflitto influisce sull’elettorato
L’approccio duro di Trump sulla politica mediorientale può rivelarsi vantaggioso tra gli elettori statunitensi che danno priorità alla sicurezza nazionale e manifestano un forte sostegno a Israele. La sua narrazione risuona con molti repubblicani che aspirano a misure più severe contro l’Iran e cercano certezze sul futuro della sicurezza israeliana.
Allo stesso tempo, la posizione di Harris potrebbe attrarre gli elettori che preferiscono un approccio più equilibrato, in particolare i progressisti e i giovani, sempre più interessati a una diplomazia attiva e alla tutela dei diritti umani. Le politiche a favore degli aiuti umanitari e il dialogo con l’Iran, pur mantenendo la legittimità della difesa israeliana, potrebbero risultare attraenti per un segmento di elettorato desideroso di una visione meno militarista.
Il 5 novembre si avvicina, e l’andamento del conflitto in Medio Oriente potrebbe influenzare pesantemente le preferenze degli elettori. La crisi attuale, inquadrata dai media e percepita dai cittadini, potrebbe rappresentare un fattore decisivo per la vittoria di uno dei candidati, mentre i messaggi e le risposte dei leader politici a eventi significativi continueranno a creare il contesto entro cui si deciderà la futura amministrazione.
Ultimo aggiornamento il 2 Ottobre 2024 da Sofia Greco