L’accordo di massima raggiunto tra Stati Uniti e Unione europea blocca l’ipotesi di una guerra commerciale tra le due aree, evitando tariffe del 30% che avrebbero gravato pesantemente sulle imprese europee. Tuttavia, gli effetti sui flussi di export, specie per le aziende italiane, restano incerti. A sottolinearlo sono esperti e rappresentanti delle categorie commerciali lombarde, che mettono in guardia dalle conseguenze negative sulla competitività e dal riassetto dei mercati internazionali.
I numeri dell’export nell’area milano-monza-lodi nel primo trimestre 2025
Nei primi tre mesi del 2025, l’area composta da milano, monza e lodi ha esportato merci per un valore complessivo di circa 2,07 miliardi di euro. Rispetto al trimestre precedente, si è registrato un calo con differenze significative tra le province: milano ha perso il 2,2% mentre la brianza segna una flessione più marcata, pari al 25,1%. Questi dati fotografano uno scenario critico, che prelude a possibili tensioni legate all’applicazione delle nuove tariffe commerciali tra ue e stati uniti.
Settori più coinvolti nell’export lombardo
I segmenti maggiormente coinvolti nell’export locale restano quelli ad alta tecnologia e il settore farmaceutico, chimico e botanico che si attesta intorno ai 405 milioni di euro, raggiungendo una quota importante del totale. Seguono prodotti come tessuti, abbigliamento, pelle e accessori con un fatturato di circa 394 milioni. La natura specializzata di questi prodotti rende più difficile una sostituzione rapida sulle rispettive catene di approvvigionamento, ma non esclude impatti sui volumi e sui ricavi. Per questo l’attesa è cauta: l’aumento potenziale dei dazi rischierebbe di frenare in parte la domanda estera, complicando i risultati dell’export lombardo.
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Le incognite legate ai dettagli dell’accordo sui dazi e le conseguenze per le imprese
Riccardo Garosci, presidente di aice e vicepresidente confcommercio nazionale e milomb, ha evidenziato che la soddisfazione per la soluzione trovata non è piena. Rimangono questioni aperte sulle effettive condizioni applicative dei dazi e sulle possibili esenzioni. Di certo si conosce che la soglia verrà fissata al 15% per le merci europee dirette negli stati uniti, ma fondamentale sarà stabilire se questo limite includerà le tariffe già applicate in precedenza.
La conferma di questa integrazione è cruciale: in caso contrario, molti beni di consumo rischierebbero costi elevati, complicando l’export per le aziende europee. A questo si aggiunge la questione dei dazi su acciaio e alluminio, che al momento restano al 50%, con impatti pesanti sui settori coinvolti. Il contesto vede un aumento globale delle misure protezionistiche, che riducono la possibilità di spostare la produzione o trovare nuovi mercati, un problema serio soprattutto per le piccole e medie imprese che operano all’estero.
Le critiche degli operatori puntano quindi sulla mancanza di chiarezza e sulla potenziale duplicazione delle tariffe, elementi che possono trasformare la nuova intesa in una barriera difficile da superare per i commercianti europei.
Dubbi importanti sull’effetto delle tariffe
“La mancanza di trasparenza e la possibile sovrapposizione delle tariffe rischiano di compromettere gli effetti positivi dell’accordo,” affermano diversi addetti ai lavori.
La deviazione commerciale e la concorrenza dai paesi terzi sul mercato europeo
Un altro effetto da non sottovalutare riguarda la deviazione commerciale. Questo fenomeno deriva dallo spostamento delle merci da paesi terzi, come cina, regno unito, india e turchia, che nel passato hanno esportato verso gli stati uniti, ma ora rischiano di indirizzare i loro prodotti sul mercato europeo in seguito all’aumento dei dazi. Secondo garosci, questa dinamica provocherà una maggiore offerta interna all’ue, aumentando la concorrenza per le aziende locali.
Il mercato europeo, infatti, rappresenta il principale sbocco per molti beni con caratteristiche simili a quelli destinati in origine agli stati uniti. L’arrivo massiccio di prodotti da questi paesi terzi può generare sovraofferta, abbassare i prezzi e comprimere i margini per esportatori e produttori europei. Questo scenario mette a dura prova soprattutto chi opera in settori molto competitivi o con prodotti sensibili alla variazione di domanda e prezzi.
Sfida per le imprese europee spiegata da garosci
“Le imprese dovranno confrontarsi con una realtà commerciale più complessa, caratterizzata da una concorrenza aumentata e dalla necessità di adattarsi rapidamente alle nuove condizioni,” sottolinea garosci.
Le prospettive per le imprese lombarde nel contesto commerciale internazionale
Il settore export delle province di milano, monza e lodi dovrà confrontarsi con uno scenario internazionale segnato da incertezze tariffarie e da importanti cambiamenti nelle rotte commerciali. La sessione in corso e le previsioni dei mesi a venire indicano flessioni nei valori esportati, con effetti particolarmente evidenti in alcune aree e comparti.
In queste condizioni, le imprese lombarde, che in molti casi puntano su prodotti ad alta specializzazione e innovazione, avranno bisogno di adattarsi rapidamente. Il mantenimento di quote di mercato richiede attenzione alle normative in evoluzione, flessibilità nel sourcing e nel posizionamento sui mercati esteri. La capacità di reagire agli effetti dei dazi, includendo anche l’analisi delle possibili esenzioni, sarà decisiva.
Rimane aperta la questione del sostegno e della strategia pubblica per le aziende esportatrici, soprattutto per le piccole realtà che faticano a digerire l’aumento dei costi e a gestire la competizione incrementata da produzioni di paesi terzi. A livello politico e commerciale, la sfida resta definire regole chiare, trasparenti e sostenibili per evitare effetti dannosi che potrebbero prevalere nel breve e medio termine.
L’evoluzione di questa intesa commerciale richiede un monitoraggio attento e un confronto costante fra operatori e istituzioni per prevenire scenari negativi più aggravati.