La stanza dell'ascolto all'ospedale sant'anna di torino deve chiudere dopo sentenza del tar piemonte

La stanza dell’ascolto all’ospedale sant’anna di torino deve chiudere dopo sentenza del tar piemonte

Il Tar del Piemonte ordina la chiusura della stanza dell’ascolto all’ospedale Sant’Anna di Torino, sospendendo un progetto pro-vita che contrastava con la legge 194 e tutelava il diritto delle donne.
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Il Tar del Piemonte ha ordinato la chiusura della "stanza dell'ascolto" all'ospedale Sant'Anna di Torino, uno spazio di supporto alle donne in gravidanza gestito da un'associazione pro-vita, ritenuta contraria alla legge 194 sull'aborto. - Gaeta.it

La vicenda della stanza dell’ascolto, uno spazio dedicato al supporto alle donne in gravidanza dentro l’ospedale sant’anna di Torino, si chiude con una sentenza del Tar del Piemonte che ne ha disposto la chiusura. La struttura era stata inaugurata nell’estate 2023 per offrire un aiuto a chi stava affrontando la scelta della gravidanza, ma il progetto si è trovato al centro di una controversia legale a causa del suo legame con un’associazione pro-vita.

Cosa è la stanza dell’ascolto all’ospedale sant’anna

La stanza dell’ascolto era stata aperta il 31 luglio 2023 all’interno dell’ospedale sant’anna di Torino. L’iniziativa nasceva con l’obiettivo di fornire un accompagnamento e un sostegno alle donne in gravidanza, in particolare a quelle che avvertivano dubbi o difficoltà durante questo periodo delicato. L’idea, sostenuta dalla Regione Piemonte e dalla Città della Salute, prevedeva che gli incontri fossero condotti dalla Federazione movimento per la vita, associazione con un chiaro orientamento anti-aborto.

Il progetto e le polemiche

Lo spazio puntava a far fronte alle cause che, secondo la convenzione tra i soggetti coinvolti, potevano portare a decidere per l’interruzione volontaria della gravidanza. Questa formula aveva suscitato polemiche, perché molti vedevano in questa attività un tentativo indiretto di ostacolare un diritto garantito dalla legge 194 del 1978, quella che regolamenta l’aborto in Italia.

Il ricorso al tar piemonte e la sentenza che mette fine alla convenzione

Il 2025 si è aperto con la decisione del tribunale amministrativo regionale del Piemonte riguardo alla stanza dell’ascolto. La Corte ha accolto il ricorso avanzato dalla Cgil Torino, dalla Cgil Piemonte e dall’associazione “Se non ora quando?”, che avevano contestato la validità della convenzione firmata tra la Città della Salute di Torino e la Federazione movimento per la vita.

Secondo la sentenza, la convenzione di fatto risultava “illegittima”, perché si configurava come un progetto con intenti contrari alla legge 194. Il Tar ha quindi disposto la chiusura immediata della stanza dell’ascolto, bloccando un’iniziativa che da settembre 2024 era stata affidata allo stesso movimento pro-vita, mantenendo inalterate le preoccupazioni relative al rispetto del diritto delle donne alla scelta.

Le reazioni di chi ha promosso il ricorso

Le organizzazioni che hanno promosso il ricorso si sono dette soddisfatte per la decisione del tribunale amministrativo. Elena Ferro, segretaria della Cgil Torino, insieme ad Anna Poggio della Cgil Piemonte e Laura Onofri, presidente di “Se non ora quando? Torino”, hanno sottolineato come la sentenza tuteli il diritto delle donne a decidere liberamente del proprio corpo.

Le rappresentanti hanno ringraziato gli avvocati che hanno seguito la causa, elencando i nomi di chi ha lavorato con impegno al caso. Hanno definito la decisione una difesa del quadro normativo italiano, ribadendo la centralità della legge 194 che dal 1978 regola l’interruzione volontaria della gravidanza e ne garantisce la libertà di scelta.

Il contesto normativo e il dibattito sul supporto alle donne in gravidanza

La legge 194 rappresenta il punto di riferimento per quanto riguarda l’aborto in Italia. Essa tutela la possibilità di interrompere volontariamente la gravidanza entro certi limiti temporali e prevede un supporto alle donne attraverso servizi pubblici e sanitari. L’obiettivo della norma è proprio quello di garantire la libertà di decidere senza subire pressioni esterne o condizionamenti.

Contrasti con la gestione della stanza dell’ascolto

Il progetto della stanza dell’ascolto si poneva in contrasto con questo impianto, in quanto era gestito da un soggetto che, pur dichiarando una finalità di aiuto, proponeva un orientamento anti-interruzione di gravidanza. Il dibattito si è quindi focalizzato sulla liceità della cooperazione tra un ente pubblico come la Città della Salute e associazioni con posizioni contrarie alla legge vigente.

Questo caso ha aperto una discussione più ampia sulla natura del supporto alle donne, distinguendo tra aiuti che informano e accompagnano senza influenze e attività che mirano a dissuadere dall’aborto. La sentenza del Tar del Piemonte ha segnato un precedente importante nel definire i confini tra i due.

Le implicazioni per le strutture sanitarie e le associazioni coinvolte

La decisione del tribunale amministrativo regionale obbliga la Città della Salute di Torino, che aveva firmato la convenzione con la Federazione movimento per la vita, a cessare ogni attività in relazione alla stanza dell’ascolto. Questo comporta la rimozione del supporto gestito da quell’associazione dentro l’ospedale sant’anna.

La vicenda evidenzia le difficoltà che possono nascere quando enti sanitari pubblici si legano ad associazioni che portano avanti cause che potrebbero confliggere con le leggi italiane. Dal punto di vista amministrativo e legale, ogni accordo deve rispettare il quadro normativo e garantire la tutela dei diritti fondamentali.

Possibili sviluppi futuri

Questo caso potrebbe portare a una revisione delle convenzioni in futuro, con maggior attenzione alle caratteristiche e agli scopi dei soggetti coinvolti. La sentenza fissa una linea chiara da seguire per evitare simili problemi e assicurare che i servizi rivolti alle donne in gravidanza siano neutri e rispettino la legislazione vigente.

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