Nel contesto della lotta alla mafia, emergono risvolti inquietanti a Diano Marina, dove il procuratore Alberto Lari ha sollevato la questione delle intimidazioni subite da chi cerca di lavorare. Durante la conferenza “Mafia: conoscerla per prevenirla e combatterla“, Lari ha parlato di un ambiente in cui la protezione offerta dagli imputati diventa un “requisito” per chi intende avviare qualsiasi attività, evidenziando le difficoltà nel denunciare tali pratiche.
Il metodo mafioso nel contesto ligure
Le parole del procuratore Lari rivelano una realtà drammatica: molti imprenditori e lavoratori a Diano Marina sono costretti a richiedere la protezione da parte di individui legati ad ambienti mafiosi. In assenza di denunce, il fenomeno sembra perpetuarsi. “Mai una volta una denuncia in questa provincia” ha puntualizzato Lari, mettendo in evidenza il terrore che attanaglia gli operai e le aziende locali, costretti a piegarsi al potere di chi agisce secondo il “metodo mafioso”.
L’indagine condotta ha portato a episodi inquietanti, testimoniati da capitoli interi negli atti. Questi riferimenti documentano una serie di abusi e intimidazioni, culminando in un’inchiesta che è stata trasferita alla Procura distrettuale di Genova proprio per le gravi contestazioni emerse. La presenza di un sistema di violenza e intimidazione così forte, come quello descritto, illustra il livello di controllo che questi gruppi esercitano sul territorio.
Conseguenze delle violenze nel traffico di droga
Il procuratore ha anche fatto riferimento agli esiti di una recente sentenza riguardante un traffico di droga con base operativa nel Dianese, che ha portato a 22 condanne. Gli atti processuali hanno rivelato dati che confermano un’organizzazione efficace: le persone coinvolte nello spaccio erano obbligate a ottenere l’autorizzazione da chi esercitava il controllo sulla piazza.
“Se io spaccio droga in questa zona devo avere l’autorizzazione di queste persone” ha sottolineato Lari, chiarendo che le intimidazioni sono all’ordine del giorno. I dati presentati riflettono come chi cerchi di intraprendere attività illecita senza il consenso di un clan subisca minacce e violenze da parte di chi già controlla il mercato.
Minacce e intimidazioni: la vita nel terrore
La conferenza ha visto Lari spiegare come queste intimidazioni si manifestino in forma di minacce esplicite. Alcuni individui, ad esempio, hanno cercato di entrare nel traffico di droga, ma sono stati violentemente respinti. “Al massimo, se proprio vuoi lavorare, lavori con noi”, è una delle frasi che circolano nel sottobosco del crimine, evidenziando il tentativo dei clan di mantenere il monopolio sul mercato.
In un episodio riportato dal procuratore, un uomo è stato costretto a inginocchiarsi e picchiato, mentre a un cliente che aveva problemi nei pagamenti sono state rivolte minacce di morte. Situazioni del genere non sono isolate, ma riflettono una cultura della violenza e dell’omicidio orchestrata da gruppi mafiosi che agiscono indisturbati nella regione. A Diano Marina, il crimine organizzato e le sue conseguenze devastanti si confermano una realtà difficile da estirpare.
I dati e gli esempi resi noti dal procuratore rappresentano un grido d’allerta non solo per le autorità competenti, ma anche per la comunità locale, che è chiamata a prendere coscienza di un problema di vasta portata, troppo spesso ignorato.
Ultimo aggiornamento il 28 Novembre 2024 da Elisabetta Cina