La morte di Giovanni Scala, uomo di 57 anni deceduto a causa di un’esplosione in un deposito collegato al ristorante “Da Corrado” a Napoli, ha aperto un’inchiesta giudiziaria che punta a chiarire le cause esatte dell’incidente. L’autopsia sulla salma sarà affidata martedì 8 luglio, per indagare sulle responsabilità di questa tragedia che ha colpito una famiglia e sollevato questioni sulla sicurezza sul lavoro.
Il conferimento dell’incarico all’esame autoptico
Il 25 giugno scorso Giovanni Scala ha perso la vita a Napoli dopo una violenta esplosione avvenuta in un deposito vicino al ristorante Da Corrado, situato in via Peppino de Filippo. A distanza di due settimane, è stato deciso di procedere con un esame autoptico per stabilire la causa precisa del decesso. L’incarico per l’autopsia sarà conferito ufficialmente martedì 8 luglio.
La notizia è stata diffusa dallo studio legale “Angelo Melone“, che rappresenta le tre figlie della vittima: Aleandra, Dalila e Francesca Scala. Le eredi hanno chiesto più volte che sia fatta piena luce sulla morte del loro padre. Gli avvocati Angelo Melone e Ciro Della Torre seguono la famiglia, ribadendo la necessità di “verità e giustizia” per Giovanni Scala.
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Le indagini della procura di napoli e gli indagati
A gestire l’inchiesta è la procura di Napoli. Il sostituto procuratore Federica D’Amodio ha iscritto sette persone nel registro degli indagati. La posizione di questi sospetti fa riferimento a ipotesi di reato come omicidio colposo, lesioni personali colpose e disastro o crollo colposo.
L’indagine mira a ricostruire le responsabilità che hanno portato all’esplosione e alla conseguente morte di Scala. Il deposito in cui è avvenuto l’incidente sarebbe collegato direttamente al ristorante, e le condizioni di sicurezza del luogo sono al centro delle verifiche. La situazione punta i riflettori su una problematica più ampia legata agli ambienti di lavoro, in cui la sicurezza dovrebbe essere prioritaria.
I periti e il consulente scelto per l’autopsia
I periti nominati dalla procura sono due figure chiave del settore medico-legale. Il medico legale Emanuele Capasso e l’anatomopatologo Andrea Ronchi, incaricati di eseguire l’autopsia, lavoreranno per individuare con precisione le cause del decesso e dettagliare ogni elemento utile per il processo.
La famiglia Scala ha deciso di nominare un proprio consulente tecnico di parte, per seguire da vicino le operazioni e garantire salvaguardia degli interessi della vittima. Il consulente scelto è il professor Mariano Paternoster, ordinario di medicina legale all’università Federico II di Napoli. La sua esperienza servirà a valutare le conclusioni della perizia ufficiale e integrare il quadro medico-scientifico delle indagini.
Il commento degli avvocati e il significato della vicenda
L’avvocato Angelo Melone ha sottolineato che la morte di Giovanni Scala è “una morte bianca”, termine che indica quei decessi sul lavoro spesso considerati evitabili. Melone ha evidenziato come Scala fosse un lavoratore serio e discreto, che stava semplicemente facendo il proprio dovere quando è morto. La tragedia, a suo avviso, nasce da una mancata attenzione alla sicurezza e al rischio corrosivo nell’ambiente di lavoro.
Il legale ha spiegato che non esistono scuse o attenuanti per questo tipo di vittime. L’impegno dello studio legale è chiaro: verificare ogni responsabilità e chiedere giustizia per Giovanni Scala. Il caso rappresenta un tassello nel più ampio fenomeno delle morti sul lavoro che ogni anno colpiscono l’Italia, spesso in modo drammatico e silenzioso.
Gli avvocati Melone e Della Torre seguiranno il procedimento con precisione, per fare in modo che questa morte non finisca semplicemente archiviata ma diventi un momento di attenzione e memoria. La famiglia, che ha già espresso il suo dolore pubblico, continuerà a chiedere risposte concrete.
Il procedimento di autopsia e le successive fasi dell’indagine continueranno nei prossimi mesi in un contesto che coinvolge non solo la famiglia Scala ma tutte le realtà legate alla sicurezza nei luoghi di lavoro a Napoli e oltre. L’attenzione resta alta, così come la richiesta di rendere conto di quanto accaduto quel 25 giugno nel deposito di via Peppino de Filippo.