Negli spazi di primo piano di Palazzo Grillo a Genova è stata inaugurata la mostra fotografica “hypersea. viaggio tra ecosistemi controllati e detriti invisibili” di Gianmarco Maraviglia, visitabile fino al 15 agosto. L’esposizione propone un viaggio visivo tra natura, tecnologia e inquinamento, mettendo in luce la complessità degli ambienti marini modificati dall’uomo e la minaccia costante dei rifiuti invisibili come le microplastiche.
Il progetto fotografico e il dialogo con le curatrici
L’evento ha visto la partecipazione dell’autore insieme a Chiara Oggioni Tiepolo e Gloria Viale, curatrici della mostra, in un intenso dialogo sul valore dell’opera. La rassegna si compone di circa trenta fotografie. Mostra il mare come un luogo in cui si intrecciano realtà biologiche e artificiali, influenze chimiche e visive, dando forma a un ecosistema complesso e alterato.
Il riferimento a un “post-mare” suggerisce un ambiente in cui la natura si mescola con interventi antropici, creando situazioni al confine tra naturale e fittizio. Il ruolo dell’uomo, in questo senso, non appare solo come osservatore ma come attore che plasma l’ecosistema marino e ne subisce gli effetti.
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I due progetti principali esposti sono “behind the glass – la realtà filtrata” e “mermaid tears”, che riflettono l’attenzione dell’artista sulla sostenibilità e sulla fragilità del pianeta.
“Behind the glass” si concentra sul rapporto tra gli animali e le strutture artificiali degli acquari, in particolare quello di Genova. Qui gli animali vivono in ambienti costruiti per simulare il loro habitat naturale ma soggetti a regole e limiti umani. Le immagini mostrano come la realtà fotografica sia sempre mediata da filtri soggettivi, partendo proprio dalla consapevolezza che guardare attraverso il vetro significa osservare una rappresentazione, non una natura spontanea.
Lo scambio di sguardi tra l’uomo e gli animali, con le figure umane che spesso compaiono nelle vasche come intrusi o steward, rovescia il consueto ruolo dell’osservatore e del soggetto osservato. Questo rovesciamento evidenzia la dipendenza reciproca e il delicato equilibrio di libertà nell’ambiente chiuso. L’autore ha raccontato che la sua intenzione era esplorare il dietro le quinte, la quotidianità di cura gestita dallo staff che si prende cura degli animali, creando così un ecosistema umano-artificiale.
Il racconto delle microplastiche nelle immagini di mermaid tears
“Mermaid tears” concentra l’attenzione sull’inquinamento da microplastiche nelle acque mediterranee, un problema ormai riconosciuto da scienziati e ambientalisti. Le “lacrime di sirena” sono piccoli pellet industriali usati come materie prime nella produzione della plastica, ma che finiscono nel mare, disperdendosi ovunque. In media, oltre 250.000 tonnellate di queste sfere si riversano nei mari del mondo ogni anno.
Sono un pericolo inaspettato perché vengono ingerite dai pesci che le scambiano per uova, causando rischi di avvelenamento o soffocamento. Il progetto punta a far emergere la presenza invisibile ma costante di questo inquinante, spesso ignorato dal grande pubblico. Attraverso scatti che documentano la presenza di pellet sulle coste, Maraviglia chiede di guardare ai piccoli detriti non come rifiuti abbandonati ma come indicatori di un problema più profondo e sistemico.
La mostra come invito a riflettere sull’impatto umano sugli ecosistemi marini
La selezione fotografica di Gianmarco Maraviglia offre uno sguardo approfondito sul mare contemporaneo, mettendo insieme visioni di natura e contaminazioni da plastica e tecnologie. In un momento in cui le azioni umane stanno lasciando segni sempre più evidenti sugli oceani, questa esposizione aiuta a riconoscere come l’equilibrio degli ecosistemi marini venga compromesso e ripensato.
Lo studio fotografico indaga come forme di “cura” e “controllo” possano creare nuovi equilibri ma anche apertamente sottolineare limiti e contraddizioni. Le immagini mostrano ambienti artificiali ma puliti, animali in cattività ma protetti, che convivono con fenomeni di degrado meno visibili ma altrettanto gravi come l’immissione di microplastiche.
Palazzo Grillo si conferma così luogo di confronto tra arte e ambiente, suggerendo che la bellezza del mare porta con sé storie di vulnerabilità e responsabilità. Di fronte a queste fotografie, l’attenzione dello spettatore si sposta dal semplice guardare al pensare, al mettere in discussione il proprio ruolo nel destino degli ecosistemi naturali.