Il tar del lazio rimette in discussione l'uso del termine "terme" e la tutela dei consumatori

Il tar del lazio rimette in discussione l’uso del termine “terme” e la tutela dei consumatori

Il Tar del Lazio riapre il dibattito sull’uso del termine “terme”, evidenziando la necessità di proteggere i consumatori da pratiche ingannevoli e garantire la trasparenza nel settore del benessere.
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Il tar del lazio rimette in discussione l'uso del termine "terme" e la tutela dei consumatori - Gaeta.it

L’utilizzo del termine “terme” continua a scatenare un acceso dibattito a livello legale e normativo. Un recente intervento del Tar del Lazio ha riaperto la questione che coinvolge la denominazione e l’uso ingannevole di questo termine, anche in contesti che non rispettano i requisiti legali. La vicenda è stata innescata da un ricorso presentato da Terme di Sirmione e sostenuto da Federterme, dando nuova luce alla protezione dei consumatori e alla corretta identificazione dei centri di benessere.

Le origini della controversia

Tutto ha avuto inizio con un esposto presentato da Terme di Sirmione nel gennaio 2023. La struttura ha denunciato l’uso improprio della parola “terme” da parte di centri benessere che non dispongono di acqua termale, ma l’Autorità garante della concorrenza e del mercato aveva inizialmente archiviato la richiesta. Il provvedimento si basava su una legge vigente , che riserva l’uso della denominazione “terme” solo a quelle strutture che possono vantare una concessione mineraria per l’utilizzo di acqua termale.

Tuttavia, il Tar del Lazio ha ora annullato questo provvedimento d’archiviazione, affermando che l’uso della parola “terme” in contesti inappropriati possa ingannare il consumatore, creando l’illusione che la struttura in questione offra vere cure termali. La sentenza chiarisce la necessità di una sorveglianza più rigorosa di questo settore, evidenziando come le denominazioni utilizzate possono influenzare le decisioni e le aspettative dei clienti.

Riapertura del caso e impatti per i consumatori

Grazie alla decisione del Tar, l’Agcm è ora obbligata a riesaminare il caso seguendo le linee guida stabilite dalla corte. Questo sviluppo rappresenta una vittoria significativa nella lotta contro quelle che sono state definite “finte terme”, e si pone come un passo cruciale per la tutela dei consumatori e per il sostegno ad un settore che richiede chiarezza e integrità.

Giacomo Gnutti, presidente di Terme di Sirmione, ha commentato sull’importanza di riconoscere il valore terapeutico delle acque termali, che sono alla base di cure medicalmente fondate. Sottolinea l’essenziale distinzione tra acqua termale e acqua semplicemente riscaldata, invitando i consumatori a scegliere con consapevolezza le proprie destinazioni termali.

La lotta contro le denominazioni ingannevoli

Il caso ha sollevato interrogativi più ampi riguardo all’importanza della trasparenza nel settore del benessere e della salute. L’uso inesatto delle denominazioni non solo compromette la fiducia dei consumatori, ma può anche danneggiare le attività legittime che operano nel rispetto delle normative. La questione promessa dal Tar potrebbe dar vita a nuovi interventi normativi, volti a garantire che le strutture rispettino le regolamentazioni esistenti e non si avvalga di pratiche ingannevoli.

Con la ripresa del dibattito, aumenta l’aspettativa che i consumatori possano beneficiare di una maggiore protezione e di un ecosistema di benessere più autentico. In un’epoca in cui le attese dei clienti nei riguardi dei servizi medicali e di quello che potrebbe essere considerato “benessere” sono in continua evoluzione, il Tar del Lazio ha avviato un’importante conversazione che coinvolge non solo il diritto alla salute, ma anche il dovere di informare in modo corretto i cittadini.

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