L’omicidio di Liliana Resinovich continua a essere al centro delle indagini della procura di Trieste, che sta esaminando dettagli cruciali riguardanti gli alibi dei sospettati. Riscontrando l’importanza della prova del Dna, gli inquirenti stanno approfondendo l’analisi di vari reperti ritrovati sulla scena del crimine. Questa tragica vicenda, che ha colpito la comunità , risale al 14 dicembre 2021, giornata in cui la 63enne è stata trovata priva di vita.
Indagini sugli alibi dei sospettati
Il torbido mistero dell’omicidio di Liliana Resinovich ha spinto la procura a un’accurata verifica degli alibi dei potenziali sospettati. A seguito dell’autopsia, risulta che la donna è morta nella mattinata del 14 dicembre, un dato cruciale per coordinare le testimonianze degli indagati con il momento del delitto. Gli specialisti hanno evidenziato che la fatalità è avvenuta tra la colazione e circa quattro ore dopo. Tali informazioni, insieme alle evidenze raccolte, vengono considerate strategiche per appurare gli spostamenti della vittima e delle persone a lei vicine.
Questa fase delle indagini comporta un attento esame di ogni spostamento e interazione avvenuta da parte di Liliana nella mattinata in cui è stata uccisa. Verificare gli alibi consente agli inquirenti di costruire una cronologia più chiara e di delineare potenziali collegamenti o discrepanze nelle informazioni fornite dai sospettati. Elementi come testimonianze o video di sorveglianza saranno esaminati per confermare o confutare gli alibi.
Gli indizi significativi e l’analisi del Dna
Un punto di svolta nell’inchiesta è rappresentato dalla decisione della procura di richiedere una consulenza per esaminare il Dna estratto da diversi reperti. Sono stati rinvenuti sette capelli sugli abiti di Liliana, ulteriore materiale forense include altri sette peli sul corpo e quattro capelli all’interno dei sacchetti di plastica utilizzati per avvolgerla. L’aspetto genetico di questi ritrovamenti potrebbe rivelare identità importanti, puntando verso il potenziale assassino.
Questi elementi saranno valutati con rigore: l’analisi genetica non solo tenterà di identificare un possibile sospettato, ma ha anche l’obiettivo di raccogliere prove comparabili con banche dati genealogiche. È fondamentale che ogni dettaglio venga scrutinato per garantire che nessun indizio venga trascurato. L’idea è quella di integrare queste scoperte con ulteriori ricerche sul cordino e su altri sacchi già esaminati, mirando a trovare il Dna di terzi.
Il modus operandi dell’assassino
Le indagini hanno messo in luce il modo in cui Liliana è stata uccisa. Le autopsie hanno rivelato che è stata sorpresa alle spalle; l’assassino ha utilizzato una manovra nota come ‘Chokehold‘. Questa tecnica di soffocamento, che coinvolge il collo, può non lasciare segni evidenti sulla vittima, causando difficoltà nell’identificazione chiara del metodo omicidiario.
Le perizie confermano che l’omicidio è avvenuto all’interno di una dinamica di soffocamento, che potrebbe essere stata eseguita con l’uso di una mano, un oggetto morbido o un sacchetto sul volto. Durante la colluttazione, sulla vittima sono stati rinvenuti segni evidenti, come graffi e ferite. Questi segnali indicano che ci sia stata, da parte di Liliana, una certa resistenza all’attacco. Le condizioni evidenziate dagli esperti legali forniscono un quadro più dettagliato e inquietante della situazione, facilitando la comprensione dell’evento letale e potenzialmente contribuendo a identificare l’autore.
La tragica storia di Liliana Resinovich continua a essere oggetto di indagini minuziose, mostrando come ogni pezzo di informazione possa rivelarsi decisivo per la risoluzione di questo caso complesso.