Don Giuseppe Rugolo condannato a 3 anni per violenza su minorenni: sentenza di appello a Caltanissetta

Don Giuseppe Rugolo condannato a 3 anni per violenza su minorenni: sentenza di appello a Caltanissetta

Il processo a don Giuseppe Rugolo si conclude con una condanna ridotta a tre anni per abusi su minorenni; esclusa la responsabilità civile della diocesi di Piazza Armerina, mentre emergono nuovi sviluppi giudiziari.
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Don Giuseppe Rugolo è stato condannato a tre anni di carcere dalla corte d’appello di Caltanissetta per abusi sessuali su minorenni, con riduzione della pena rispetto al primo grado; la diocesi di Piazza Armerina è stata esclusa da responsabilità civile. - Gaeta.it

Il processo a don Giuseppe Rugolo, sacerdote accusato di violenza sessuale su minorenni, si è concluso con una condanna a tre anni di carcere da parte della prima sezione penale della corte d’appello di Caltanissetta. La sentenza ha rivisto in parte la pena inflitta in primo grado, portandola da quattro anni e sei mesi a un periodo più breve, grazie all’applicazione dell’attenuante della tenuità dei fatti per due delle vittime. La gestione del procedimento e la posizione delle parti civili hanno mantenuto alta l’attenzione pubblica e giudiziaria, con particolare rilievo per le testimonianze e le implicazioni future di questo caso.

La conferma della responsabilità penale e la riduzione della pena

La sentenza pronunziata dalla corte d’appello di Caltanissetta ha confermato la sostanza dell’impianto accusatorio che aveva portato alla condanna di primo grado. Don Giuseppe Rugolo è stato riconosciuto colpevole per abusi sessuali su minorenni, ma per due dei giovani coinvolti è stata riconosciuta la tenuità del fatto, che ha permesso di abbassare la pena complessiva a tre anni di reclusione. Questo elemento ha inciso sulla valutazione complessiva della colpevolezza, mantenendo però da parte della corte un giudizio severo sulla gravità delle azioni del sacerdote.

Testimonianze e esclusione della diocesi

Antonio Messina, il giovane archeologo che ha sporto denuncia e ha guidato l’accusa con la sua testimonianza, ha visto riconosciuta la sua credibilità anche in appello. La corte d’appello ha dunque confermato che le prove raccolte e le dichiarazioni delle vittime erano sufficientemente valide per sostenere la sentenza. Un dettaglio importante riguarda la decisione di escludere dalla responsabilità civile la diocesi di Piazza Armerina, che originariamente era stata chiamata in causa nel processo. Ciò significa che la diocesi non dovrà rispondere in sede civile dei danni contestati.

Crisi in aula, critiche dai difensori e la presenza delle parti civili

L’udienza in cui è stata emessa la sentenza ha visto la partecipazione diretta di don Giuseppe Rugolo, che ha assistito al pronunciamento della corte. I difensori del sacerdote non hanno risparmiato critiche contro la decisione del tribunale, soprattutto in riferimento alla sentenza di primo grado che giudicavano ingiusta. Hanno inoltre denunciato un processo mediatico portato avanti dalla stampa, accusata di condurre un giudizio pubblico senza rispetto dei tempi giudiziari. Tali contestazioni però non hanno influito sull’esito finale del processo.

Partecipazione e sostegno delle associazioni

Dall’altro lato, erano presenti in aula le parti civili, guidate da Antonio Messina e dai suoi legali. La sua difesa è stata affidata all’avvocato Eleanna Parasiliti Molica, mentre i genitori di Messina sono stati rappresentati dall’avvocato Giovanni Di Giovanni. Presenza significativa anche quella delle associazioni Contro tutte le violenze e Rete l’Abuso, che hanno sostenuto la causa con gli avvocati Irina Mendolia, Mario Caligiuri e Giuseppe Messina, quest’ultimo sostituito in parte dall’avvocato del foro di Gela.

Reazioni e sviluppi: il cuore delle testimonianze e i processi ancora aperti

Antonio Messina ha dichiarato di aver cercato esclusivamente giustizia, ribadendo la sua determinazione e soddisfazione per la condanna confermata. Ha posto l’attenzione su un prossimo processo, che deve ancora aprirsi, contro il vescovo Gisana e il vicario giudiziale Vincenzo Murgano, accusati di falsa testimonianza in relazione a questo caso. La questione è al centro di una vicenda più ampia che coinvolge altre figure della diocesi.

“Ho cercato esclusivamente giustizia” ha detto Messina, aggiungendo un ammonimento rivolto ai giovani. Ha suggerito di non rivolgersi ai servizi per la tutela dei minori, motivando la raccomandazione con il fatto che uno degli avvocati del sacerdote condannato sarebbe parte della commissione di tutela minori di Ferrara e difenderebbe un prete pedofilo. Questa affermazione ha contribuito ad alimentare il dibattito intorno alle procedure di protezione delle vittime nel contesto ecclesiastico.

Dal lato della difesa, l’avvocato Parasiliti Molica ha confermato che la credibilità di Antonio Messina è stata riconosciuta ancora una volta, sottolineando la solidità della posizione accusa. Il sostituto procuratore Gaetano Bono ha invece annunciato che si aspetteranno le motivazioni complete della corte d’appello per valutare eventuali ricorsi in cassazione, segnalando che alcuni aspetti della sentenza non convincono pienamente la procura.

Il processo a don Giuseppe Rugolo rappresenta una tappa importante nel più ampio contrasto agli abusi su minori in ambito ecclesiastico. Il percorso giudiziario prosegue con nuovi sviluppi mentre la vicenda resta sotto osservazione da parte degli organi competenti e dell’opinione pubblica.

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