Condanna a otto mesi per samuele spanò per la morte del padre durante un sopralluogo a Ventimiglia

Condanna a otto mesi per samuele spanò per la morte del padre durante un sopralluogo a Ventimiglia

La sentenza di primo grado condanna Samuele Spanò per omicidio colposo nella morte del padre Carmelo nel cantiere di Ventimiglia, evidenziando negligenze sulla sicurezza e aprendo la strada all’appello.
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La vicenda giudiziaria sulla morte di Carmelo Spanò in un cantiere di Ventimiglia si è conclusa con una condanna a pena sospesa per omicidio colposo nei confronti del figlio e titolare della ditta, Samuele Spanò, con il processo incentrato sulle responsabilità e le carenze nelle misure di sicurezza sul lavoro. - Gaeta.it

La vicenda giudiziaria legata alla morte di Carmelo Spanò, caduto durante un sopralluogo nel cantiere di Ventimiglia, si è conclusa con una sentenza di primo grado che coinvolge il figlio e titolare della ditta edile. Samuele Spanò ha ricevuto una pena sospesa per omicidio colposo, mentre si sono delineati i ruoli e le responsabilità legate all’incidente fatale avvenuto nel dicembre 2021. La decisione del tribunale emerge dopo un processo che ha messo al centro questioni di sicurezza sul lavoro e di gestione del cantiere.

I fatti alla base della condanna e la dinamica dell’incidente

Il 17 dicembre 2021 a Ventimiglia, nel cantiere seguito dalla ditta “Sc Edilizia Generale Spanò“, Carmelo Spanò ha perso la vita cadendo da una scala durante un sopralluogo. L’uomo, che lavorava insieme al figlio Samuele, si era appoggiato a un cordolo presente in zona di salita. Quella superficie, però, ha ceduto sotto il peso, causando la caduta fatale. La figura di Carmelo all’interno dell’impresa era centrale, tanto che la ditta stessa è intestata al figlio. Quel giorno, il padre e il figlio stavano verificando lo stato del cantiere quando è esplosa la tragedia.

L’incidente ha acceso un’indagine mirata a valutare eventuali negligenze, soprattutto per quanto riguarda le misure di sicurezza adottate e le responsabilità della ditta di cui Samuele è titolare. Il processo si è concentrato sulle condizioni di lavoro e sulla verifica dell’idoneità delle strutture temporanee usate nel cantiere.

Il processo e le responsabilità attribuite dagli inquirenti

Durante il processo è stato stabilito che la responsabilità principale per la morte di Carmelo Spanò dovesse ricadere sul figlio e titolare della ditta, Samuele Spanò. L’accusa ha ritenuto che la vittima non avrebbe dovuto salire su quel cordolo pericolante e che mancasse un’adeguata supervisione o precauzione. Alle stesse responsabilità si è aggiunta quella del committente dei lavori, condannato a sua volta a otto mesi di reclusione con sospensione della pena. Diversa, invece, la posizione del titolare di un’altra impresa presente nel cantiere, assolto.

Il pubblico ministero ha ricordato la delicatezza del caso umano e ha evidenziato la regolarità amministrativa della ditta di Spanò, ma ha confermato la negligenza nel consentire o non evitare l’accesso a una zona non sicura. Questa posizione ha portato al riconoscimento di responsabilità penali, nonostante la situazione familiare legata alla vittima.

Reazioni alla sentenza e prospettive dell’appello

L’avvocato difensore di Samuele Spanò, Marco Bosio, ha mostrato stupore per l’esito del processo, sottolineando che la sentenza non è ancora definitiva e che verrà impugnata. L’appello arriverà dopo l’analisi dettagliata delle motivazioni, attese entro novanta giorni. Bosio ha già annunciato l’intenzione di contestare la decisione, probabilmente facendo leva sull’assenza di dolo e sulla natura accidentale dell’incidente.

Tra gli aspetti al centro della possibile revisione ci sono le modalità di accertamento delle responsabilità e la valutazione tecnica delle condizioni di sicurezza del cantiere e delle strutture coinvolte. Il caso resta quindi aperto, in attesa di ulteriori sviluppi in sede giudiziaria.

Il contesto della sicurezza sul lavoro nei cantieri italiani

Il caso Spanò si inserisce in un quadro più ampio legato alla sicurezza nel lavoro edile in Italia. Incidenti simili, causati da crolli o da condizioni precarie, avvengono spesso nei cantieri, ponendo al centro il tema delle responsabilità e del controllo. In particolare, le imprese familiari spesso rappresentano contesti dove la gestione “sul campo” si intreccia con legami personali, complicando le dinamiche di controllo e prevenzione.

Le norme vigenti richiedono verifiche costanti, formazione e segnali chiari per evitare situazioni pericolose. Questo caso ha evidenziato qualche falla nella prevenzione, che ha portato a questa tragedia. Le sentenze come questa cercano di stabilire un confine preciso tra negligenza e fatalità, ma anche di spingere verso pratiche più attente e rigorose per la sicurezza degli operai.

I dettagli tecnici e amministrativi della situazione legale della ditta

La ditta “Sc Edilizia Generale Spanò” risultava in regola rispetto agli obblighi amministrativi richiesti, come specificato dal pm durante il processo. Questo aspetto ha attenuato potenziali sanzioni più severe. Anche se regolare, però, la ditta è stata chiamata a rispondere delle carenze operative riscontrate sul luogo dell’incidente.

Non a caso, la sentenza ha individuato responsabilità ben precise per la gestione del cantiere e per le pratiche che hanno portato Carlo Spanò a trovarsi su un elemento strutturale non sicuro. La presenza di altre ditte nel cantiere ha complicato la valutazione delle responsabilità, anche se solo una seconda impresa è stata meno coinvolta e alla fine assolta.

Il deposito delle motivazioni della sentenza sarà fondamentale per capire i passaggi con cui il tribunale ha articolato la sua decisione, delineando gli obblighi precisi cui i titolari delle imprese dovevano attenersi, e aprendo la strada al contraddittorio previsto in appello.

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