In un contesto di crescente repressione politica, il 2024 ha visto un inquietante aumento delle esecuzioni in Iran, con un totale di almeno 975 persone giustiziate. Questo dato, emerso da un rapporto congiunto di due organizzazioni non governative, solleva preoccupazioni internazionali sulla situazione dei diritti umani nel paese e sull’uso della pena di morte come strumento di controllo sociale e politico.
La denuncia delle Ong
Un rapporto congiunto dell’organizzazione iraniana Iran Human Rights , con sede in Norvegia, e dell’ong francese “Ensemble contre la peine de mort ” ha riportato alla luce l’andamento allarmante delle esecuzioni in Iran. Le due ONG hanno descritto la cifra di 975 esecuzioni come una “spaventosa escalation” nell’utilizzo della pena capitale, indicando che questo rappresenta un record dal 2008, anno in cui sono iniziati i censimenti sistematici sulle esecuzioni nel paese.
La gravità di questi dati è accentuata dalla considerazione che la maggior parte delle esecuzioni, circa il 90%, non viene resa pubblica. Questa oscurità solleva interrogativi sull’effettiva portata delle punizioni capitali e sulla trasparenza del governo iraniano nei confronti della comunità internazionale. I gruppi per i diritti umani quanto mai temono che tali statistiche siano in realtà sottostimate, rendendo la questione ancora più pressante e urgente.
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Nel loro rapporto, le ONG hanno evidenziato il motivo per cui molte esecuzioni non sono documentate, addossando la responsabilità al sistema giuridico iraniano, dove la mancanza di trasparenza e la repressione della libertà di espressione rendono difficile la raccolta di informazioni precise. Questa situazione crea un ambiente di paura non solo per chi è coinvolto nel sistema legale, ma anche per chi lotta per i diritti umani e la giustizia sociale nel paese.
I contesti delle esecuzioni
Le esecuzioni in Iran non sono solo un problema giuridico; esse riflettono un’ansia imperante e una volontà politica di mantenere il controllo su una popolazione sempre più stanca e contestatrice. Questo clima di repressione colpisce in modo particolarmente duro i dissidenti politici, i manifestanti e gli attivisti. Le ONG segnalano che queste esecuzioni servono anche come avvertimento a chiunque osi opporsi al regime.
Le ripercussioni di tali pratiche non si limitano a quelle immediate, ma creano un circolo vizioso di paura e repressione, inibendo la libertà di pensiero e d’azione nella società iraniana. Questo ambiente di intimidazione ha portato a un silenzio assordante riguardo alle ingiustizie e alle violazioni dei diritti umani, lasciando la popolazione in una situazione di vulnerabilità e impotenza.
Inoltre, il governo iraniano ha dimostrato un atteggiamento inflessibile nei confronti degli osservatori internazionali che tentano di monitorare la situazione. La mancanza di accesso per le organizzazioni di diritti umani ha reso difficile comprendere appieno l’impatto delle esecuzioni e il loro contesto sociopolitico. Questa chiusura al dialogo e alla trasparenza denota una strategia di isolamento non solo dal mondo esterno, ma anche dalla propria popolazione, creando ulteriori fratture sociali.
Il panorama dei diritti umani in Iran è quindi contrassegnato da un atteggiamento repressivo che ha portato il paese a vivere in un clima di paura e sospetti. Le ONG continueranno a monitorare la situazione e a mobilitare l’opinione pubblica globale affinché si faccia pressione sul governo iraniano per rispettare i diritti fondamentali della sua popolazione.