La crescente incidenza dell’Alzheimer e delle demenze rappresenta una sfida cruciale per la salute pubblica a livello globale. In questa direzione, la Davos Alzheimer’s Collaborative ha lanciato un appello urgente ai leader del G7, in concomitanza con l’assemblea dei ministri della salute ad Ancona, sottolineando la necessità di adottare misure efficaci per garantire un accesso equo alle innovazioni terapeutiche disponibili. L’iniziativa, che coinvolge anche l’European Brain Council, la Global CEO Initiative on Alzheimer’s Disease, l’Associazione Italiana Malattia di Alzheimer e la Fondazione Prada, mira a sollecitare un impegno politico per affrontare la crescente ondata di Alzheimer e demenza.
Un problema urgente: l’impatto dell’Alzheimer a livello globale
Attualmente, si stima che circa 55 milioni di persone nel mondo siano affette da Alzheimer, con previsioni che indicano un possibile aumento a 150 milioni entro il 2050. Questi numeri non riflettono soltanto le persone malate, ma si estendono a tutti coloro che vivono accanto ai malati, inclusi familiari e caregiver. Molti di questi ultimi si trovano costretti a lasciare il lavoro per fornire assistenza, creando un grave impatto economico. Infatti, i costi diretti legati alla demenza si aggirano attorno ai 1.300 miliardi di dollari all’anno, con una proiezione che suggerisce che tale cifra possa raddoppiare nel prossimo decennio. Oltre a queste statistiche economiche, vi è anche un carico emotivo elevato e incommensurabile che i familiari devono affrontare, rendendo l’Alzheimer una questione di rilevanza sociale indiscutibile.
Il summit G8 del 2013 aveva già sottolineato l’urgenza di sviluppare terapie modificanti il corso della malattia, ma nonostante i progressi nella ricerca, l’accesso equo a queste terapie continua a essere disomogeneo. Anche nei paesi sviluppati, dove tali trattamenti sono stati approvati, le disparità nella disponibilità delle cure aumentano le già esistenti disuguaglianze sanitarie, contribuendo a un contesto di crescente disperazione per milioni di malati e famiglie in tutto il mondo.
Collaborazione e investimenti: l’imperativo del G7
Ampliando il discorso, i leader della DAC hanno sottolineato che è fondamentale per i paesi del G7 stabilire la demenza come priorità nell’agenda politica globale. Yoshiki Takeuchi, Deputy Secretary-General dell’OECD, ha evidenziato l’importanza di una sinergia tra i vari settori per affrontare sfide come la diagnosi precoce, il miglioramento della qualità dell’assistenza e l’incremento della ricerca. Le raccomandazioni specifiche includono l’espansione della collaborazione internazionale, il potenziamento dei sistemi sanitari e la promozione della ricerca e dello sviluppo di trattamenti innovativi.
Complessivamente, si richiede un potenziamento dei servizi sanitari e un impegno ad accelerare l’erogazione di cure per l’Alzheimer. L’obiettivo non deve essere solo quello di curare, ma anche di garantire una qualità di vita dignitosa per chi vive con questa patologia. Secondo i partecipanti all’incontro, l’attuazione di politiche coerenti potrebbe migliorare l’accesso alle innovazioni terapeutiche, consentendo a un numero crescente di pazienti di beneficiare delle nuove scoperte scientifiche.
La situazione in Italia: un caso emblematico
In un contesto nazionale, l’Italia si trova a fronteggiare una situazione particolarmente allarmante, essendo una delle nazioni con il tasso di invecchiamento più elevato al mondo. Con oltre un milione di persone affette da demenza, di cui 700.000 con diagnosi di Alzheimer, il sistema sanitario italiano deve intensificare gli sforzi per rispondere efficacemente a questa crisi. Le indagini mostrano che il 44% degli anziani italiani percepisce la perdita di memoria come un problema significativo, evidenziando la necessità urgente di interventi mirati.
Alessandro Padovani, presidente della Società Italiana di Neurologia, ha sottolineato come l’Italia deve giocare un ruolo urgente nella risposta globale alla sfida dell’Alzheimer. Deve garantire che le innovazioni siano accessibili a tutti i cittadini per affrontare le sfide demografiche. Si richiede un investimento serio nella preparazione dei servizi sanitari per far fronte a questa emergenza, affinché le innovazioni terapeutiche possano arrivare a chi ne ha più bisogno, evitando ulteriori disparità .
La ricerca come chiave di accesso
I rappresentanti delle organizzazioni coinvolte hanno espresso un fermo ottimismo sull’indirizzo futuro della ricerca contro l’Alzheimer. Hilary Evans-Newton, direttrice generale di Alzheimer’s Research UK, ha evidenziato come la ricerca sia cruciale nella lotta contro questa malattia. Tuttavia, la vera sfida è garantire che i frutti di queste ricerche siano resi disponibili a tutti i pazienti, evidenziando l’importanza delle politiche strategiche per il settore sanitario.
Il futuro della lotta contro l’Alzheimer poggia dunque su un’alleanza tra scienza e politiche pubbliche. Gli appelli dei leader della DAC e delle organizzazioni affini non possono restare inascoltati, poiché il tempo stringe e ogni giorno che passa si concretizzano nuove sfide legate alla salute cerebrale e all’assistenza delle persone affette da demenza.