Una lettera aperta del coordinamento “per il clima fuori dal fossile” denuncia il divieto imposto dal questore di l’Aquila, fabrizio mancini, di svolgere una conferenza stampa davanti al tribunale di sulmona. La decisione, presa con un decreto di sicurezza il 19 giugno, ha scatenato critiche per la sua presunta ingiustizia e per un possibile uso discriminatorio delle misure di ordine pubblico.
Il decreto del questore e le motivazioni ufficiali del divieto
Il questore di l’Aquila, fabrizio mancini, ha emanato un provvedimento che vietava lo svolgimento di eventi davanti al tribunale di sulmona, definito un “obiettivo sensibile”. Il decreto imponeva lo spostamento della conferenza stampa prevista in quella zona verso la banca del fucino, a una cinquantina di metri di distanza. La misura era accompagnata da una minaccia di sanzione penale in caso di inosservanza, indicando una severità considerevole.
Le ragioni ufficiali addotte riguardavano motivi di sicurezza, con particolare enfasi sulla protezione del palazzo di giustizia. Tale orientamento non è nuovo nelle procedure delle forze dell’ordine quando si tratta di garantire l’ordine pubblico, ma il coordinamento contesta duramente la presunta discrezionalità dell’atto, ritenendo che la positività di eventi simili tenuti nel medesimo luogo in passato smentisca ogni reale scenario di pericolo. La rigidità della disposizione ha quindi sollevato dubbi sul bilanciamento tra tutela della sicurezza e garanzia delle libertà civili.
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La replica del coordinamento e la scelta di mantenere la conferenza davanti al tribunale
Il coordinamento “per il clima fuori dal fossile” ha risposto con una lettera al questore, definendo il divieto come “sbagliato e ingiusto”. Questo gruppo ha deciso di tenere la conferenza stampa proprio nel sito vietato, sottolineando che in precedenza non si erano mai verificati problemi nel tenere manifestazioni o incontri pubblici davanti al tribunale di sulmona.
Nella missiva emerge una critica precisa: il coordinamento invita a riflettere sull’accanimento delle autorità contro un evento che chiedeva maggiore trasparenza sulle indagini in corso riguardo al cantiere della centrale snam. Tale scelta viene interpretata come una censura mascherata di ordine pubblico, una misura che limita la possibilità di esprimere opinioni e avanzare istanze civiche, un diritto sancito dalla costituzione.
L’azione decisa del coordinamento rappresenta una forma di disobbedienza civile nonviolenta, che mira a evidenziare la restrizione del diritto di manifestare e a sostenere il valore della partecipazione democratica attiva. L’iniziativa richiama l’attenzione su come la voce dei cittadini possa essere messa a tacere da misure amministrative strumentali.
Contraddizioni nel trattamento delle aree antistanti il tribunale
Un elemento centrale della contestazione riguarda la disparità di trattamento rispetto ad altre situazioni nel contesto urbano. Il coordinamento evidenzia come il mercato settimanale del mercoledì e del sabato si svolga a piazza garibaldi e nelle vie limitrofe, a meno di cinque metri dal tribunale di sulmona, con la presenza di bancarelle e un affollamento consistente, senza restrizioni analoghe.
Questa circostanza solleva dubbi sulle reali motivazioni che hanno portato al divieto, suggerendo che le disposizioni non scaturiscano da una seria valutazione del rischio ma, piuttosto, da un controllo mirato sulle iniziative pubbliche che sollevano questioni scomode per alcune istituzioni.
La differenza di regole tra manifestazioni di protesta e attività commerciali proprio a ridosso del palazzo di giustizia mette in discussione la coerenza delle autorità nel gestire gli spazi pubblici, soprattutto quando si tratta di esercizio di diritti fondamentali come la libertà di espressione. È la dimostrazione pratica di un uso selettivo delle norme di sicurezza, da cui nasce la richiesta di un ripensamento delle misure adottate.
L’allarme sulle libertà democratiche e il richiamo alla costituzione
Il coordinamento inserisce questo episodio nel quadro delle nuove norme introdotte dal cosiddetto “decreto sicurezza” del governo meloni, che ha ampliato i poteri per limitare le manifestazioni di dissenso pacifico. La lettera aperta passa da una denuncia puntuale a un’allerta più ampia riguardo al rischio di erosione dei diritti civili nel paese.
Si evidenzia come le restrizioni sui luoghi e i modi del dissenso abbiano ricadute immediate sulla democrazia, riducendo lo spazio pubblico destinato a confronto e critica. Il riferimento all’articolo 21 della costituzione, che tutela la libertà di manifestare il pensiero, sottolinea un principio costituzionale che si teme venga mortificato da divieti e sanzioni sproporzionate.
Il coordinamento non solo sostiene la legittimità della disobbedienza civile nonviolenta, ma rilancia sull’importanza della partecipazione dei cittadini nella difesa delle libertà democratiche, mettendo in guardia contro un’accettazione passiva di imposizioni liberticide. L’argomento assume una rilevanza rilevante nel contesto attuale, dato il clima politico segnato da restrizioni sempre più rigide ai movimenti di protesta.
Il significato politico e sociale della protesta a sulmona
La vicenda di sulmona diventa simbolo di una tensione più ampia tra autorità e cittadinanza attiva. La decisione del coordinamento di sfidare il divieto e tenere la conferenza stampa davanti al tribunale si configura come un momento di resistenza civile.
Questo evento testimonia lo scontro tra esigenze di controllo istituzionale e richieste di trasparenza e partecipazione popolare, questioni centrali in una società democratica. Il messaggio che arriva è chiaro: la vigilanza sui diritti e la partecipazione al dibattito pubblico non possono essere ridotti a meri strumenti di amministrazione dello spazio urbano ma rappresentano condizioni essenziali per la vita politica.
Il riferimento finale alla storia, con l’allusione al pericolo di un percorso che possa essere l’anticamera delle dittature, sottolinea il valore profondo di questa mobilitazione. Chiunque si trovi a presidiare spazi di democrazia non può ignorare avvertimenti di questo genere.